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Vini del Cuore #1 – Franciacorta 1901

La storia del nostro primo vino del cuore è la storia di una doppia amicizia, e parte da molto lontano.

PRIMA AMICIZIA.

Siamo a un Vinitaly dei primi anni Duemila. Stiamo girando da ore alla disperata ricerca di una bollicina che sia almeno un poco diversa dal solito in un mondo, quello degli spumanti italiani, che ci sembra ancora così inspiegabilmente conservatore. Poi quasi per caso incontriamo un nuovo produttore.

Avrà poco più di quarant’anni e si chiama Giuseppe Vezzoli. Viene da Erbusco, terra di Franciacorta, e ha uno sguardo vispo e tenero insieme. Ci dice che prima faceva tutt’altro, che però ha una passione per i vitigni francesi, e che ha scelto di riprendere in mano a suo modo il vecchio vigneto del padre, che prima vendeva le uve alle aziende più blasonate della zona.

Noi lo ascoltiamo curiosi e lui ci fa assaggiare tutto quello che ha portato a Verona, tranne ovviamente le sue bollicine. Prima un vino bianco a base Chardonnay, poi uno a base Semillon e Petit Manseng (un vitigno a bacca bianca che si trova soprattutto nei paeschi baschi francesi), infine un passito fatto con le medesime uve. Giuseppe è teso come un violino.

Da quel giorno, con Giuseppe, non ci siamo più persi di vista. E le nostre infervorate discussioni, cominciate quel giorno a Verona, non le abbiamo più abbandonate. Sull’importanza di offrire al consumatore etichette comprensibili a tutti, affinché ognuno possa conoscere gli ingredienti che ci sono in una bottiglia. Sulla necessità di produrre un vino che sia il più rispettoso possibile dell’uomo e dell’ambiente, a cui crede intimamente ma che nel suo territorio teme sia impossibile poter ancora fare (hanno coltivato fino a ieri campi di grano, ripete, e adesso il terreno è strapieno di potassio: come posso fare un’agricoltura che sia davvero rispettosa?). Sulla messa a punto, esperimento dopo esperimento, di un metodo nuovo, il così detto Solouva, per usare soltanto gli zuccheri presenti nell’uva in entrambe le fasi di fermentazione del metodo classico.

Finché un giorno Giuseppe ci ha invitati a immaginare la nostra piccola bollicina italiana. E noi abbiamo accettato. Pensandola, questa nostra bollicina, sempre a modo nostro. Diversa anno per anno a seconda degli assaggi fatti insieme in cantina, rigorosamente con le fermentazioni spontanee (tanto i lieviti presenti nella mia cantina sono tutti selezionati, ripete lui con un ghigno) e senza solforosa aggiunta quando si deve imbottigliare. Per poi arrivare, nel 2017, a seguire un vecchio vigneto ormai poco produttivo salvandolo dall’espianto (si chiama Barbozana e si trova in una delle zone più vocate per lo Chardonnay in Franciacorta). Lo abbiamo vendemmiato tutti assieme, questo piccolo vigneto, e ora stiamo seguendo le ultime fasi della sua lenta e naturale evoluzione.

Grazie Giuseppe!

SECONDA AMICIZIA.

Dovete sapere che il marchio 1901, collegato alla nostra Enoteca, è il frutto – come potremmo dire? – di una specie di bonaria imposizione da parte di un altro nostro amico. Il suo nome è Piero Rinaldi, fine fotografo, conosciuto in tutto il mondo per i suoi magnifici scatti nel rugby che conta e non solo. Negli ultimi tempi, con quel suo tono così burbero che si vantava di usare solo con gli amici veri, Piero ci esortava quasi ogni sera a stampare il marchio 1901 come se fosse, diceva lui, una sorta di vecchio timbro. Alla fine noi lo abbiamo seguito. E questo primo vino del cuore, che si chiama semplicemente Enoteca Severino 1901, è nato un po’ anche per merito suo.

Grazie Piero. Ci manchi.

Il giocatore neozelandese Judson Arthur ritratto da Piero Rinaldi (1984)